Sogni verdi

Considerando gli impatti negativi e i danni alla salute e all’ambiente, l’econmia attuale contuinua a basarsi nell’estrattivismo. Da’ priorità alle regole del valore del cambio del prodotto invece che del riuso. Il prezzo della la natura è più importante della cura che abbiamo della natura stessa per le generazioni future.

Il sistema di dominio economico è sostenuto dal sistema di sviluppo tecnologico, un’ ideologia che non mette al centro la terra e i suoi esseri viventi, incluse le chiaramente le persone che ci circondano, mantenendo queste premesse provochiamo a noi stessi un impatto negativo nei corpi e nel nostro territorio.

Seguire una direzione chiara in queste tecnologie risulta quindi complicato, fondamentalmente per via di un assenza completa dei meccanismi di trasparenza in ogni nodo di produzione. La suluzione che si propone a queste corporation tecnologiche esce fuori con un nome: capitalismo verde, come dire, un insieme di “risposte” alla crisi climatica che non si pone un problema di fronte al consumo attuale, invece propone forme “pulite” di continuare a consumare fino all’infinito attraverso di un energia prodotta per grandi imprese idroelettriche, parchi eolici o solari, biocombustibili, parchi geotermici e altre magie della geoingegneria.

Per dimostrare un vero cambio di paradigma in termini di materia climatica dovremo iniziare a ridurre la domanda, aumentando le riparazioni e il riciclo di materiali che già abbiamo a disposizione, condividendo le conoscienze tecniche e limitando il modello estrattivo che sta distruggendo principalmente il sud del mondo.

Per costruire tecnologie future che possano rispondere alla nostra neccesità di sostenibilità diventa necessario riconnetterci con altri modelli di consumo locale, vicni a noi, che stimolino la diversita e la connessione con le persone che producono attorno a noi, che ascoltino i cicli della vita (la natura richiede migliaia di anni per produrre minarali e petrolio) e architetture che rispondano a queste premesse.

Queste forme di sviuppo alternativo che rispettano la necessità delle comunità locali ci permetteranno anche di pensare a forme per reindirizzare la tecnologia, la sua produzione e distribuzione, utilizzando modelli aperti di sviluppo software e di hardware aperto, diminuendo il consumo e diversificarlo, rispondere a problematiche locali e che si facciano carico di proposte basate nella cura verso la popolazione, le comunità e il nostro intorno.

Forse così troveremo quello sviluppo tecnologico che ci permetterà di vedere un impatto desiderato nel mondo che abitiamo.

 

estratto e tradotto da “Estamos luchando para sobrevivir”. La resistencia a la minería en Acacoyagua, Chiapas

montagnola

Dai svegliati. [ufff]
Avevi un treno un ora fa che hai perso, lo sapevi gia’… dai a che ora hai il prossimo? [che palle…]

Dunque hai preso il treno all’ultimo (testina) e stai andando verso Bologna [si ma dove?], solo per incontrare della gente che non hai mai visto in faccia per farci due chiacchiere [ricordami com’e’ cominciato tutto questo?]

Scendo dal treno pensando seriamente che una mezza giornata a Bologna è troppo poco [ho fame]
uff, io non ci riesco a stare così poco qua [vabbè dai vedremo come va]

Dunque io da qui mi sa che mi sono perso, facciamo che scrivo un toot e cerco di chiamare qualcuno. [bravo svegliati sempre all’ultimo!]
perfetto parco della montagnola, arrivo…

Pincio's Staircase and Montagnola Fountain | 4 Star Bologna

 

Oh, ma guarda un po’ quanta gente! questa la riconosco, e lui chi è? ah sìììì
e’ lei ?? aspè no, Si! credo di averla vista nella webcam in un’assemblea di bida.
Nooo oddio non ci credo che lei ha questa faccia qui, ma che storia ma daaaai. [eh pensa che faccia c’hai te oggi]

 

a inizio giugno una banda di persone poco organizzate ha deciso di passare dal reale al virtuale e incontrarsi in un parchetto a Bologna per fare delle chiacchiere fisicamente. E’ quanto mai chiaro che il politico deve trascendere la parte virtuale e tecnologica e tornare ad una dimensione solida e concreta. Questo è valido anche dopo i vari lockdown, anche per chi ha l’anima nerd, anche per chi non sa piu’ che attivismo fare o quale lotta scegliere. Il reale è percepibile. Il virtuale scivola via. Tutto questo non c’e’ bisogno di raccontarlo e non lo racconterò più di così:

  • E’ più reale quando qualcuno parla e gesticola con le mani ed è possibile sentire le emozioni che si muovono internamente dentro di te.
  • La comunicazione verbale è solo il 20% tutto il resto lo fa il corpo. 
  • Pensa a quanto tempo perdi quando scrivi dietro ad un display..

 

Ogni social network – specialmente se autogestito – può avere un utilità in se, poi però bisogna avere il desiderio di costruire qualcosa con questo strumento sennò il rischio è quello di chiudersi dentro una bolla virtuale dove ci si illuderà di aver trovato finalmente un posto dove sentirci sicuri

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mentre scrivo queste righe il progetto fediverso vede aprirsi una nuova stagione di autogestione interistanza. Non è chiaro che cosa succederà, ma è chiaro che ci sono persone che non usano quello strumento solo per sfogarsi o attirare l’attenzione. Le foglie si muovono nel sottobosco. E neanche un admin è in grado più di capire che cosa sta succedendo dentro la foresta socialmente autogestita.

 

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/4/4b/Lothlorien.jpg

 

una giornata

corteo per la palestina, camionette, palazzo del comune, cori in italiano e arabo ritorno in piazza birre e chiacchiere, aspetta devo pisciare – anch’io – andiamo insieme, che fai dopo? non so, dai saliamo in valle c’e’ il presidio al confine con la Francia, ok andiamo.

Ecco come descriverei le ultime 24h

una giornata fatta di emozioni intense, improvvise, inaspettate mentre ancora aspetto di capire se questa vita ha avuto un inizio o una fine.

Conoscere una persona che ti racconta di essersi nascosta per salire su al presidio di San Didero, con un amica, per portare acqua e cibo a chi resisteva
su in casetta. Vedere questa persona fare un intervento il primo maggio, interrompendo ravers che volevano solo ballare la musica hip-hop di radioblackout
un intervento concluso con la frase “noi non difendiamo la natura, siamo la natura che si difende!” con la gente che si prende bene davvero con urla grida e musica.
Tanta vita.

Primavera di lotta in questa Torino gialla, che appena riapre assorbe persone che protestano con le mascherina, saluti, ma ciao, hey! ma come stai? we, scusate siamo in ritardo, ma hanno gia’ finito gli interventi! Poi arriva una chiamata. Oh, raga è partito un corteo spontaneo, andiamo!

La locomotiva umana sfiora il mercato di porta palazzo al sabato pomeriggio, pieno zeppo di marocchini che vendono e comprano la verdura che si fermano un attimo. Vedono una marea di giovani con le bandiere della palestina in mano.
Cosa succede?

Fiumi di braccia alzate con il telefonino, mentre io mi dico, ma che spettacolo!
La locomotiva si ferma al palazzo del comune, una vicina tira fuori una bandiera della palestina, applauso generale, enorme presa bene.. ma dal comune neanche un cenno. chiaro. Solo sbirri sudati che non sanno cosa fare.
Dei bambini si arrampicano sulla statua nella piazza del comune di Torino e iniziano a urlare in arabo un coro che si espande nella piazza.
Alcuni ridono, ha! anche io.. chissa’ cosa dicono.

Non è come al solito. Qui c’e’ qualcuno che riesce a capire che c’e’ gente che sta morendo laggiù per via di una terra. C’e’ chiarezza nel condannare Israele e la sua campagna espansionistica, la sua fame occidentale, la sua voglia di espandersi. La narrativa dei giornali è la stessa ed è chiaro che non serve più una contronarrativa, perche’ i governi ed i giornali non hanno nessun potere ormai. Possono scrivere un sacco di parole, le cose non cambiano, le analisi non servono. basta così.

Arrivando in piazza la locomotiva umana si ferma, il fiume di persone evapora e si vedono più persone in lontananza. Saluti, abbracci, baci presentazioni strette di mano.
Quanto mi mancava tutto questo.

E poi tutto succede in fretta, andiamo via, andiamo a bere qualcosa finiamo su un tavolo a bere del vino che per metà vola perterra, ciao. scusa per il vino! come ti chiami? hahah
Arriva la sera, che facciamo? dai saliamo in valle, finiamo a suonare a conoscerci assieme ad altre persone in una casetta, a mischiarci nella notte, in mezzo a delle montagne e uno spicchio di luna, fanculo il coprifuoco, dove siamo? chi siamo noi?

Cos’e’ la liberta?
Non lo so, non saprei spiegarlo, ma la sensazione di essere nell’illegalità in macchina con 5 persone, dopo una manifestazione per la palestina
salendo verso il confine con la Francia cantando stretti stretti una canzone a squarciagola qualcosa questa vita me lo insegna a modo suo.

 


ps.

e poco importa se al ritorno realizzi che dovrai farti alcuni giorni di isolamento, la sensazione di aver vissuto anche per un minuto resta dentro per sempre.

Le parole proibite di Margaret A.

[N.B.: Il seguente rapporto è stato stilato a esclusivo vantaggio dell’Associazione Nazionale dei Giornalisti per il Recupero della Libertà di Stampa (JATROF) da una giornalista che ha fatto visita a Margaret A. nel corso degli ultimi due anni. La JATROF richiede che questo rapporto non venga duplicato in alcuna forma né spostato dai propri uffici e che le informazioni qui fornite siano usate con cautela e discrezione.]

 

Introduzione

Malgrado il Dipartimento Carcerario conceda un servizio giornalistico al mese, sono rari i resoconti non censurati di contatti diretti con Margaret A.. Il seguente, pur mancando una trascrizione letterale delle parole di Margaret A., tenta di offrire una descrizione dell’incontro di una giornalista con Margaret A. più completa e fedele di quanto sia già pubblicamente disponibile. La consapevolezza di questa reporter riguardo l’importanza che un simile incontro riveste per i suoi colleghi, e riguardo il pericolo che comporterebbe la sua diffusione presso un pubblico più vasto per tutti coloro i quali sono coinvolti in un impegno del genere, ha fatto sì che il documento fosse depositato presso la JATROF.

Prima di descrivere il mio incontro con Margaret A. desidero sottolineare le restrizioni che hanno limitato questo evento. I membri della JATROF devono necessariamente avere una certa familiarità con le tecniche usate dal governo per manipolare la percezione pubblica dei dati. Del resto anch’io, poco prima del servizio fotografico, mi consideravo piuttosto esperta dei trucchi adottati dal governo per controllare la rappresentazione delle questioni che ai suoi occhi rivestono maggiore importanza. E tuttavia posso assicurarvi che esiste l’insidioso rischio di dimenticare momentaneamente l’ovvio: laddove si parla di Margaret A. la nostra attenzione si rivela fallace, impedendoci di pensare chiaramente e obiettivamente ai fatti concreti che ci si parano dinanzi agli occhi. Non so come possa accadere, so solo che succede. Le informazioni che abbiamo su Margaret A. in un certo senso non quadrano. Mi preme dunque sollecitare i lettori a non sorvolare sui dettagli già noti, ma di considerare le mie ripetizioni al riguardo come un monito, un promemoria, un aiuto a riflettere su un argomento che, a dispetto della pubblicità di cui gode, resta notevolmente oscuro. Di conseguenza chiedo ai miei lettori l’indulgenza di sopportare divagazioni in quelle che potrebbero sembrare inutili analisi e speculazioni politiche. Non conosco altro modo di strappare il mio incontro con Margaret A. all’oscurità e al fango che tendono a ottenebrare qualsiasi resoconto dei fatti relativi alla sua condizione.

Tanto per cominciare, il più scontato: Margaret A. permette un solo servizio giornalistico al mese. Il Dipartimento Carcerario (naturalmente lieto di rendere noto che il governo non può essere ritenuto responsabile del desiderio frustrato del pubblico di avere «sue» notizie) non concede a Margaret A. di scegliere tra coloro che chiedono di incontrarla e, in questo modo, controlla effettivamente l’accesso che i media hanno alla sua persona. Di sicuro, il Ministero della Giustizia preferirebbe fare a meno di questi incontri, ma quando agli inizi della detenzione di Margaret A. negarono ai media qualsiasi contatto con lei, il tentativo di farla sprofondare nell’oblio suscitò, al contrario, un flusso costante di speculazioni e proteste che li spaventò, come ad esempio l’insistente richiesta di revoca dell’Emendamento Margaret A.,1 o, peggio ancora, il rigurgito della massiccia sommossa civile che aveva portato inizialmente alla sua incarcerazione e alla sua condanna al silenzio. Oltre alla cancellazione delle parole di Margaret A., credo che la più urgente priorità del governo sia impedire al pubblico di percepirla come una martire. Solo questa considerazione può spiegare perché le condizioni della sua detenzione speciale in un prefabbricato all’interno della Vandenberg Air Force Base siano tali per cui nessuna persona o organizzazione – nemmeno l’Unione Americana per le Libertà Civili (ACLU) o Amnesty International, che condannano la sua reclusione – possa scagliarsi contro il governo. Il giornalista responsabile, in procinto di scrivere un pezzo su Margaret A., deve tenere bene a mente questi fatti.

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#bidacamp

A fine agosto sono stato al bidacamp

Il bidacamp non era, come me lo immaginavo andandoci, il campeggio di bida organizzato dai bidani compagni del Berneri e admin di bida.im
Erano invece le persone stesse che usano il social mastodon.bida.im che si sono organizzate da sole e si sono trovate vicino Pisa, a casa di una persona gentilissima che ha messo il posto e dove tra chiacchiere, cibo, cannette e qualche strano superalcolico rosso si sono trovati a scambiarsi le faccie e le opinioni su mastodon, un social network autonomo federato e autogestito.

Anche se questo camp non è uscito direttamente dalle adminas di bida, l’evento è stato propriamente auto-organizzato, gestito con il massimo rispetto ed è stata chiara fin da subito che la necessità non era quella di un confronto politico, ma era quella di uno scambio sociale (non virtuale) che potesse condividere storie e faccie con la presa bene a pancia piena.

Tante storie, tante persone che non la smettevano di parlare, dall’altro lato persone silenziose, timide, che cercavano di ascoltare e comprendere tutto.
Vari mondi, da quelli più social degli anni novanta – che ormai non esistono più – a quelli più attuali che non si confanno poi tanto al piacere di stare dentro mastodon
Qualche chiacchiera anche su indymedia e di come inevitabilmente quando il mondo dei social è arrivato era anche arrivato contemporaneamente il declino di indymedia, con troppe dispute opinioni e protagonismi, il mondo social-commerciale dei mitomani e della pornografia emotiva stava prendendo piede e non c’era niente che si potesse fare per contrastarlo, fino ad ora.

 

La principale necessità che ho sentito non era politica, ma era sociale. La presa bene arrivava dalla voglia di conoscersi da aggregarsi, di conoscere quella faccia e di vedere come è davvero quella persona che così tanto scrive e dice e poi è così silenziosa nella vita reale. O magari tutto il contrario.
Appena arrivato e salutato tutti ho percepito quella sensazione di due persone che stavano parlando in stile ping-pong da ore e nel mio saluto una volontà generale di cambiare discorso e narratori

Nonostante i monologhi, che cmq capitano anche su Mastodon, è stato bello vedere fisicamente le persone e i loro sorrisi.
Stare in un campo con le galline che fanno le uova ed i gatti stropicciati che si sdraiano proprio accanto a te mentre stai sorseggiando un caffè

 

Detto questo alcuni spunti di riflessioni sono usciti, ma non ritenevo opportuno riportarli come le note di un assemblea, anche perche’ quest’assemblea non c’e’ mai stata.
Una delle frasi che mi sono rimaste impresse è stata: “Il bidacamp è reale, non dobbiamo mandare toot di cosa stiamo facendo”.
Questo nel mentre che sulle varie timeline di ognuno arrivavano domande e rosicate di ogni tipo

Altra discussione è stata quella sul fediverso italiano, sul significato di cosa sta succedendo e di come comportarsi per il futuro.
Introdotta la possibilità di mastodon di poter rimanere aperto a tutti per iscriversi oppure chiudersi e lasciare aperte le iscrizioni solo tramite un token che viene condiviso da chi un account mastodon già lo usa, varie persone hanno espresso l’interesse di valutare di chiudere bida.im al pubblico e lasciare un accesso solo tramite token così da permettere alle altre istanze federate nel fediverso italiano (come cisti.org e nebbia.fail) di partecipare di più e poter crescere insieme senza che si sviluppi l’istanza principale e centrale che poi potrebbe causare seri problemi di gestione in futuro.

Un altro discorso interessante credo sia quello di non focalizzare il nostro interesse solo sullo strumento mastodon, ma su tutto il fediverso e su quelle che in qualche modo per noi sono policy di rispetto
Le policy sono di credo politico (come l’antifascismo, l’antisessismo, l’anti-autoritarismo) che in qualche modo rappresentnano un credo più forte di quello che può avere un protocollo informatico che permette di federare.
Insomma, il concetto che la tecnologia può cambiare, ma siamo noi a poter decidere come e quando vogliamo collegarci e fare cose insieme

 

Ai rosiconi e alle rosicone che non sono potute venire viene da dire che non c’è nessun problema e che prestissimo si organizzerà un altro camp.
Forse proprio in questo momento cisti sta cercando un posto carino dove potersti incontrare e la sfida è se farlo ora prima che arrivi l’inverno o nella prossima primavera assieme agli zombie che corrono (che ho scoperto che si chiamano i freschi)

Insomma cibo e chiacchiere hanno caratterizzato il bidacamp ed una sana curiosità di come funziona lo strumento mastodon dietro le quinte, la moderazione, la manutenzione e i costi del tutto.
La curiosità poi si è spostata sulla cena, e sul meteo che incredibilmente ha retto fino alle 4 con lampi e fulmini fantastici senza una sola goccia per poi aprirsi il celo e far scendere tutte le parole che si erano dette e tutte quelle che avremmo voluto dire.

 

insomma tutto sommato, senza troppe aspettative, mi sono trovato bene al bidacamp e ci starebbe bene rifarne un altro anche da qualche altra parte

 

 

Lascio qui una curiosità che non conoscevo – e che mi è stata condivisa al bidacamp – che ho particolarmente apprezzato dalle chiacchiere nate per caso
(Scommetto che non c’avevate mai fatto caso!)

 

 

gorillaz e De Sica

Christian De Sica si trova a Los Angeles per il mixaggio audio di “Bodyguards”, nello stesso studio dove i Gorillaz stanno incidendo il loro primo album. Casualmente, o forse per volontà divina, entra nella sala dove sta venendo registrata “Clint Eastwood”, ed ascoltando la musica esclama il suo celebre “Ma che è”, che viene anch’esso registrato. Mancando il tempo per tagliarlo, e trovando lo stesso Albarn che si amalgami bene nella canzone, decidono di tenerlo nel cut finale.
Si può ancora ascoltare a 2:51.

 

 

ps.
criticare la tecnologia significa trovare un uso diverso rispetto a quello che conosciamo, rendere inclusivo ma respingere anche i comportamenti che portano solo loop egocentrici

dmesg permission denied

porcodio

 

io faccio dmesg e voglio vedere cosa c’e’

anche se sono utente, e invece

dmesg: read kernel buffer failed: Operation not permitted

 

ecco come si fa se voglio sistemare, cambio una conf di sysctl

 

sudo sysctl kernel.dmesg_restrict=0

 

 

 

moreinfo

https://bugs.debian.org/cgi-bin/bugreport.cgi?bug=842226#15

 

 

Capire

Capire

Uno strato di ghiaccio; lo sento ruvido sul mio viso, ma non freddo. Non ho niente da mettermi addosso; i guanti mi sono appena scivolati via. Posso vedere la gente in alto, che corre di qua e di là ma che non può fare nulla. Cerco di colpire il ghiaccio con i pugni, ma le braccia si muovono lentamente, i polmoni mi scoppiano, la testa mi si confonde, e mi sento come se mi stessi dissolvendo…

Mi sveglio urlando. Il cuore va come un martello pneumatico. Cristo. Spingo via le lenzuola e mi siedo sul bordo del letto.

Non mi ricordavo di questo, prima. Ricordavo solo di cadere attraverso il ghiaccio; il dottore ha detto che la mia mente ha rimosso il resto. Adesso ricordo, ed è il peggiore incubo che abbia mai avuto.

Cerco di afferrare la coperta con i pugni stretti, mi sento tremare. Tento di calmarmi, di respirare lentamente, ma i singhiozzi si fanno strada. Era così reale che potevo sentirlo: sentire com’era morire.

Sono stato in quell’acqua per quasi un’ora; quando mi hanno tirato su ero più che altro un vegetale. Sono ricoverato? Era la prima volta che l’ospedale provava il nuovo farmaco su qualcuno con tanti danni al cervello. Ha funzionato?

Continue reading “Capire”

spazi sicuri online e offline

Tempo fa, per hackmeeting 2017 con alcune persone avevamo deciso di tradurre un pezzo del fantastico manuale di GenderSec [Zen: the art of making tech for you] dove c’era una parte chiamata Persistent_Pseudonymity che leggendo abbiamo ritenuto davvero molto interessante da utilizzare come pratica nel attivismo.

La gestione di pseudonimi e identita’ varie e’ molto utile per gestire la/le proprie vite negli spazi online e offline, ecco perche’ abbiamo scelto questo titolo per la zine cha abbiamo scritto.

Nella guida originale si affrontavano temi come: self-doxing, social-mapping, anonymity, collective-identity, new-identity-online, credible-personas, manage-identities, identity-isolation e safe-space

Noi abbiamo deciso di concentrare gli sforzi nel tradurre safe-space e parlare di

– spazi-sicuri
– shared-agreement
– gestione dei troll
– discorso d’odio
– bot-vs-trolls
– storming-wikipedia (story)
– shared-support-tecunique
– documenting-violence

Per chi volesse approfondire di seguito c’e’ il testo tradotto in Italiano chiamato:

Spazi sicuri online e offline



[1] GenderSec: Zen the art of making tech work for you
[2] Spazi_Sicuri_online_e_offline

matrix.org a federated app funded by a mossad company

here’s what I think about matrix.org
The community is growing, is federated, is https, e2e-encrypted and the client is called RIOT!
So why is not ok to use this app, is amazing!
yes, it’s amazing..
So it’s better to have a deeper look and write what I collect in the last year

matrix.org started in December 2014 by some core developer working for AMDOCS. Checking now I see it disappear from the online FAQ after someone [asks for it on github], but we have a travel machine [thanks to web.archive.org], so we are able to see who is behind matrix.org and is a company called AMDOCS.

I didn’t know what was doing AMDOCS, but searching a bit I found out some comments and several websites about it.

First anonymous comment I get is [from hackaday] who says more or less this:

“So matrix is funded by AMDOCS:

Amdocs is a publicly listed NYSE company that also acts a spy-arm for the Israeli state, Isarel’s military, Israel’s government, and most troubling of all, for Israeli’s intelligence service Mossad;

Amdocs handles almost all telephone and data telecom subscriber accounts for most American and Canadian service providers (including wireless, cable, ISP, etc), thus they have unfettered access to all records typically available to the NSA, CIA, FBI, etc;

Israel’s Mossad have placed spies on US soil under the guise of Amdocs employees at various US and Canadian offices working out of Amdocs’ offices under the illusion of Amdocs employees;

Amdocs shares any and all US & Canadian subscriber data with Israel’s government and various spying entities;

China and other countries have kicked out Amdocs and their garbage billing software because of these illicit activities;”

 

Interesting uh?

 

ok, then I started to search around about to verify this statements about AMDOCS and [on wikipedia I found this]:

“Controversy

Amdocs’ broad access to U.S. telephone transaction records has raised counterintelligence concerns in the U.S. government about the vulnerability of this information to exploitation by Israeli spies.[9][10][11] “As early as 1999, the National Security Agency issued a warning that records of U.S. government telephone calls were ending up in foreign hands – Israel’s, in particular.”[12]

In early 2000, federal agencies conducted a counterintelligence investigation to determine if Amdocs was being used by Israel to eavesdrop on U.S. government communications. The investigation found no evidence of such activity.[13] “

seems they are good to write stuff and provide it to governments, how is this possible?

Here I found [a forum with an article of a newspaper] talking about AMDOCS which explain how this company becomes one of the most important company in telecom during the Bush administration thanks to the failure of AT&T. Like NSO_Group (another very dangerous Israel malware company) also AMDOCS is buying AT&T engineer, professionals from US to work for them, because to build this you don’t need genius, just training and cash:

“A source familiar with the inquiries into Amdocs put to me several theories regarding the allegations of espionage against the company. “Back in the early 1970s, when it became clear that AT&T was going to be broken up and that there was an imminent information and technology revolution, Israel understood that it had a highly-educated and highly-worldly population and it made a few calculated economic and diplomatic discoveries,” the source says. “One was that telecommunications was something they could do: because it doesn’t require natural resources, but just intellect, training and cash. They became highly involved in telecommunications. Per capita, Israel is probably the strongest telecommunications nation in the world. AT&T break-up occurs in 1984; Internet technology explodes; and Israel has all of these companies aggressively buying up contracts in the form of companies like Amdocs. Amdocs started out as a tiny company and now it’s the biggest billing service for telecommunications in the world. They get this massive telecommunications network underway. Like just about everything in Israel, it’s a government sponsored undertaking.”

they basically grow from nothing to become a super-corporation able to generate a record in their database for every telephone call in US in 1999, they hired all the AT&T developers and start to write for cash some useful tool for the National Security of US. So try to guess what they are doing right now..

They are good to write, collect and hide.
So I stop and I start wondering:

  • why some devs in AMDOCS decided to write a federated app and call it matrix ?
  • Why they are doing it and let it opensource client-server ?
  • Where is the trick?

I didn’t get it until I saw the amount of metatata on a server running matrix.
Asks your admins, they will confirm that.
There are too metadata, not needed and most of all not needed to be shared in a federated environment.

Matrix is federated (which is not peer to peer) and it’s ok that all is end-to-end encrypted, but all the metadata are shared cleartext with all the other matrix server. This means that one malicious server in the federated network can have access to the metadata conversation of other people

If you are matrix admin I encourage you to tell me this is not true

For all the other people check your metadata and [remember what NSA said]:

 

some urls for those who want to go deeper